Genova - La Regina è viva, viva la Regina. Scherza Roger Taylor, batterista dei Queen e autore di molti pezzi della band finita (finita? ndr) con la morte del suo leader Freddie Mercury il 24 novembre 1991.
Ma Taylor respinge con forza la possibile accusa di necrofilia discografica:
"il disco postumo dei Queen uscirà nei prossimi mesi, probabilmente prima dell'estate e sarà", parola di Taylor, "un'esperienza scioccante";
i pezzi sono pieni di invenzioni di Freddie e le canzoni sono molto belle, molto forti.
Aggiustamenti elettronici?
"Neanche uno, il più era fatto, noi tre abbiamo solo rivestito le basi musicali che avevamo concepito insieme a Mercury".
L'annuncio arriva a sorpresa, alla terza tappa del primo tour italiano di Roger Taylor: per mesi, lui, Brian May e John Deacon hanno lavorato sulle basi lasciate da Freddie Mercury e adesso il disco è finalmente pronto, un disco iniziato con Freddie, pensato da Freddie, voluto da Freddie (e qui torniamo alla teoria che vuole Freddie parte attiva anche nella decisione della scaletta. Trovate il tutto sul forum). Nessuna bieca operazione commerciale, giura Taylor, anche perché non avrebbe avuto senso aspettare cosi tanto tempo.
Certo, del disco e persino di una reunion si parla da tempo: ma se l'ostacolo di andare in giro per il mondo con un cantante in grado di sostituire Mercury appare davvero insormontabile, il disco era praticamente pronto già da tre anni. Che senso ha, commercialmente parlando, aspettare tutto questo tempo?
"Volevamo essere sicuri che non ci fosse troppa morbosità attorno al disco" spiega Taylor "che fosse valutato come l'ultimo disco dei Queen con una serie di performance fantastiche di Freddie Mercury. Questo è il momento".
Quarantacinque anni, un look clintoniano, un bel gruppo a fargli da spalla, Taylor nelle prime uscite italiane (Montefalcone, Genova e Schio) ha fatto altrettanti esauriti. Oggi sarà a Cesena, domani a Firenze, il 22 a Roma, poi Malta, Palermo, Catania e Napoli.
"Dovevamo venire in Italia agli inizi degli anni settanta ma la situazione politica era disastrosa (quella italiana, ndr)"
racconta Taylor che la butta in politica. L'ultimo suo singolo si chiama Nazis 1994, dura denuncia alla diffusione del neo nazismo ('da voi si chiama neo fascismo ma la sostanza è la stessa') in Europa.
Ma i Queen non erano assolutamente apolitici?
"I Queen si, io no: quando si è in quattro bisogna mediare, io ho fatto tesoro degli insegnamenti di mia madre, un mio zio è stato ucciso dai nazisti e io dico che c'è da aver paura".
Siamo all'eterno dilemma: il ruolo di cantante come coscienza critica?
"Volevo dire qualcosa su questo argomento e l'ho detto: cantare è il solo strumento che un musicista ha per esprimere un personale punto di vista. I ragazzi che ci stanno a sentire poi non è detto che la pensino come noi sul palco. Ma io ci ho provato".
Ci prova, Taylor, anche a dimostrare di essere in grado di stare sulle sue gambe. Il concerto è naturalmente infarcito di pezzi dei Queen. Ma Taylor con orgoglio ricorda che
"'Radio Ga Ga', 'A Kind Of Magic' e 'I'm in Love with My Car sono pezzi miei"
e del resto molti hit dei Queen erano firmati da tutti e quattro.
Sul palco, come tutti i batteristi, Taylor si muove maluccio: chiude tutti i brani allo stesso modo (un saltino, alla Joe Sentieri) dialoga pochissimo e suonando il gong contro luce ricorda l'omino della Plasmon.
Ma la voce c'è, la personalità pure e i pezzi da solista reggono. Alla fine, la sensazione è quella di un karaoke dei Queen, ma di ottimo livello. E del resto non è un sogno di molti cantare i Beatles con Ringo o, perfino, l'Equipe 84 con Alfio? (che paragone è??? ndr)
La Stampa - Gennaio 1995 - di Raffaele Neri.